La nostra costituzione all’art. 42 tutela la proprietà privata e ne assicura la sua funzione economica sociale , prevedendo che il suo sacrificio , in caso di esproprio , venga ristorato con un indennizzo
L’adeguato ristoro della proprietà privata attratta ad una procedura espropriativa da sempre si scontra tra due esigenze : il serio “ripagamento” del diritto sacrificato e le storiche ( e croniche ) esigenze della spesa pubblica italiana
Da qualche decennio a questa parte la giurisprudenza nazionale ( sia di merito , che di legittimità che costituzionale ) compulsata da quella comunitaria della CEDU ha stravolto il proscenio giuridico della disciplina .
Dapprima con la sentenza n. 348 del 24.10.2007 , in seguito con la sentenza n. 181 del 2011 ( passando per la n. 293 del 2010 che ha abolito l’art.43 del T.U. degli espropri , costringendo le P.A. a rielaborare un faticoso e discutibile art. 43 bis ) la Consulta ha definitivamente mandato in soffitta i VAM , i valori agricoli medi , che si basavano sul valore agricolo del fondo .
Ancora oggi, tra molte resistenze , molte autorità esproprianti , erroneamente , mostrano di fare affidamento nei loro calcoli a detti valori .
Oggi l’unico parametro di riferimento per il calcolo dell’indennità di esproprio è ,e rimane , il valore venale del bene ablato !
Trattandosi di sentenze della Consulta esse hanno efficacia retroattiva : ne consegue che esse si applicheranno anche alla procedure già in corso e non solo a quella ad iniziarsi .
Anche per il risarcimento dei danni , il valore venale del bene occupato sine titulo , funge da criterio fondamentale di determinazione del danno .
La conclusione logica è che è venuto meno il doppio binario di valutazione: ne consegue che sia per le aree edificabili che per quelle non edificabili, è sempre il valore venale a costituire il punto di partenza per ogni calcolo , sia di indennità che di risarcimento del danno .
In ambito giurisdizionale , la tematica dell’indennità è attratta sia alla giurisdizione amministrativa ( è prevista la giurisdizione esclusiva del TAR-Consiglio di Stato – cioè la giurisdizione amministrativa – in tema di espropri ) che a quella ordinaria ( AGO ) .
Lo spartiacque è dato dalla legittimità della procedura espropriativa a monte : l’assenza di una rituale dichiarazione di pubblica utilità ( perché mancante , nulla , inesistente , annullata, ovvero perché non seguita nei 5 anni dal decreto di esproprio ) comporta che tutta l’attività amministrativa ablatoria a valle è in pratica di natura c.d.”usurpativa ( perchè senza titolo appunto ) . Ne consegue che l’attività amministrativa non ha natura “provvedimentale “ e quindi la materia è attratta alla giurisdizione del giudice ordinario .
Viceversa nell’ipotesi di una D.p.u. legittima e ovviamente , in tutti gli altri casi , l’attività amministrativa è si illegittima , ma trattasi di illegittimità occupativa , con giurisdizione del comparto TAR- Consiglio di Stato.
La differenza non è di poco conto , innanzitutto a livello economico : in soldoni , infatti la tutela giudiziale innanzi al TAR ha senza dubbio un costo maggiore, atteso che un ricorso al TAR ha un costo in termini di contributo unificato di € 1800,00 !
Un bel salasso per le tasche degli ignari e vessati proprietari , che nella maggior parte dei casi , sono comuni e semplici contadini !
In quest’ambito si inserisce il discorso della determinazione dell’indennità di esproprio .
Essa , infatti, si incastona nella tutela giudiziale approntata dalla giurisdizione ordinaria : anzi , può risolversi anche in via stragiudiziale
Le norme di riferimento , sono date dagli art. 20 e 21 del T.U. espropriazioni.
Mentre l’art. 20 fa riferimento all’indennità provvisoria , l’art. 21 invece tratta della determinazione definitiva di tale indennità .
Innanzitutto entro 30 giorni dalla notifica del decreto , il proprietario può accettare di condividere l’indennità . Allo stesso tempo può anche designare un suo tecnico di fiducia : è il segnale che certamente non ha prestato il consenso all’indennità determinata dall’autorità espropriante .
In caso negativo ( ovvero di mancato accordo ) l’autorità espropriante invita l’interessato a dichiarare se intende avvalersi delle procedure di cui all’art. 21 e quindi a designare ( ove non l’abbia già fatto ) un proprio tecnico di fiducia nei 20 giorni successivi Scaduto il termine invano , l’indennità verrà determinata dalla Commissione provinciale espropri insediata presso l’Agenzia del territorio in ogni provincia d’Italia.
Altrimenti , si dipana un bivio: o l’indennità può essere determinata in chiave squisitamente stragiudiziale, mediante scambio di relazioni , fra i tecnici di fiducia designati . Oppure ( sia direttamente che in caso di disaccordo ) con un procedimento di volontaria giurisdizione ( a costi veramente contenuti ) di nomina di un terzo arbitro.
Avverso l’indennità definitiva determinata è possibile , ex art. 54 T.U. , l’opposizione alla stima presso la Corte d’Appello competente per territorio con procedimento ex art. 702 bis c.p.c.
Divenuta definitiva l’indennità , l’autorità espropriante provvede al relativo svincolo , emettendo il nulla osta e bonificando l’importo alla ragioneria territoriale dello stato ( MEF ) competente per territorio .
In caso di inerzia , è previsto un procedimento camerale di volontaria giurisdizione in tribunale ( art. 1 , l. 686/26 ) .